Giovanna e le sue voci

GIOVANNA E LE SUE VOCI

uno spettacolo sulla pulzella d'Orléans

di Lucia Pia Usuelli



La capacità di aderire alla chiamata, di rispondere con un “sì”. Di aderire con convinta passione al destino riservatole dalla fede. Lo spettacolo organizzato dal Teatro dell'Aleph su testo di Nino Salvaneschi, regia di Giovanni Moleri, protagonista Elena Benedetta Mangola, è nato dalla meditazione sui testi del processo e su come la Pulzella d'Orleans è stata presentata dai tanti grandi autori del passato; è suddiviso in tre parti che evidenziano la crescita, la missione e il sacrificio di colei che sarebbe diventata la santa patrona della Francia.



























Giovanna D’Arco è una delle figure più suggestive che siano passate sulla terra avvolte da un mistero e conserva ancora, dopo secoli, il fascino di quel mistero. Pochi destini sono così chiari, fulminei e profondi come quello di Giovanna, una semplice fanciulla che, in un periodo di guerra, battaglie e barbarie, riesce ad infiammare l’animo dei suoi contemporanei e a ricreare in loro la fiducia che Dio agisce nella storia degli uomini, e che anche nelle situazioni più crudeli e drammatiche ogni uomo può seguire Cristo ed affidarsi alla sua grazia.


Secondo la bella e poetica suddivisione della missione di Giovanna dello scrittore Nino Salvaneschi, lo spettacolo del Teatro dell’Aleph, ispirato alla vita della Santa Pulzella, è costituito da tre brevi atti.


La Pastorale: Il periodo del primo mistero di Giovanna, quando all’età di tredici anni inizia a sentire ed ascoltare le sue voci e a prendere coscienza della missione che l’aspetta.


L’Eroica: Il periodo del secondo mistero di Giovanna, in cui si svolge la sua missione di Guerriera: accompagnata dalle sue voci nella realizzazione di un piano materiale, a diciassette anni ella incorona un re e a diciannove salva un regno.


La Trionfale: Il terzo mistero di Giovanna, ovvero il periodo in cui le sue voci le indicano una strada spirituale e la sorreggono nel momento della passione e del sacrificio fino alla morte sul rogo in nome della verità.


Negli atti del processo, uno dei documenti più straordinari e commoventi del Medioevo, le parole di Giovanna mostrano quanto ella fosse cosciente che la sua vita fosse una risposta alla chiamata di Dio, che le arrivava attraverso le voci misteriose che udiva e non ebbe esitazioni a conformarsi a ciò che le veniva richiesto.


Il Testo dello spettacolo è una scrittura drammaturgica originale che ha  tratto ispirazione, oltre che dal processo di Giovanna,  dall’opera di diversi autori che hanno scritto sulla Pulcella d’Orleans. In particolare Paul Claudel, Charles Peguy, Friedrich Schiller, George Bernard Shaw, Jean Anouilh ma anche Santa Teresa di Lisieux.


La semplice ma mobile scenografia contribuisce a ricreare nello spettacolo le tre diverse fasi della storia che il personaggio ripercorre  durante la prigionia e il processo di inquisizione che la condannerà a morte.


Lo spazio è spoglio. La scena è delimitata da un cerchio, l’area del quale e sparsa di ghiaia bianca. Nella scena solo due botti, un rastrello, uno stendardo, una scala a pioli, un ceppo di legno. E Giovanna. Vestita di bianco, si confonde con i sassi su cui è addormentata. Anche lo stendardo che ella alza verso il cielo e brandisce contro il nemico è bianco ma si anima di ombre. Ombre che sono presenze, con le quali Giovanna dialoga, alle quali chiede e dona speranza.


Lo spettacolo ci mostra, attraverso le parole stesse del personaggio, interpretato da Elena Benedetta Mangola, come sia potuto accadere che una ragazza semplice, poco più che una bambina, abbia saputo affrontare con coraggio ciò che il destino le riservava.


“Eccomi prigioniera, come le mie voci han detto.

Solo da voi mio Dio attendo aiuto.

Solo per amor Vostro lasciai il canuto padre, le mie campagne in fiore, il cielo sempre azzurro.

Solo per amor vostro lasciai la mia valle, ai soldati mostrando lo stendardo della croce.

Signore, nel vostro nome un intero esercito ho guidato, la mia voce han sentito i più grandi generali.

Ma ecco un buio carcere ho in compenso, qual prezzo di fatiche, sangue, lacrime.”






Un destino che le era stato preannunciato dalle “sue Voci”, voci che lei concretamente udiva e che attribuiva a San Michele, il santo delle battaglie, a Santa Caterina e Santa Margherita, sante del sacrificio e della verginità. Presenze dalle quali si sentiva sorretta e spronata, ma che a volte, nei momenti più bui e difficili, sentiva lontane, avvertendo quanto le loro parole divenissero quasi incomprensibili alla logica umana.


“Santa Margherita, Santa Caterina, fatemi sentire le vostre voci.

Fatemi sentire le vostre voci, senza di voi io son persa.

E so che quando verrete, non verrete a liberarmi: morirò senza aver visto il trionfo della Francia.

Eppur voi prometteste che il regno di San Luigi avrebbe mantenuto la fede e che io sarei stata libera, mentre qui, in catene, non posso fare niente per la salvezza della Francia.

Fatevi sentire voci amiche, in nome di Dio. Perché io sono sola e debole.”






Nell’ultima scena Giovanna, tornata di nuovo bambina, dopo aver assunto i panni di guerriera ed eroina prima, di vittima sacrificale  poi, affida se stessa a Dio, in un atto d’amore.


“Gesù, Gesù, Gesù io ardo d’amore per te.

Stendi le tue mani sulle mie così che la paura passi, stendi le tue mani e feconda il sacrificio in frutto, seme piantato nel cuore della tua volontà a beneficio della Francia e di tutta l’umanità.

[…..]

Tu che hai parlato al mio cuore, tu che mi hai affidato la spada delle 5 croci, tu che innalzi e abbassi, a te io affido la mia spada e me, con essa, così che il tuo perché, a me inaccessibile, mi trovi docile alla tua volontà.”


Il Cerchio scenico è come se delimitasse un punto, un atomo di storia, al centro del mondo, dell’universo.

In questo spazio temporale, Giovanna, attraverso la scala, attraverso la pira, rivivendo il calvario, ascende alla sua gloria.