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A fronte del delirio orgiastico del potere, ancor oggi espresso in manifestazioni che giungono al “femminicidio”, l'arte scenica trova, anche e soprattutto nelle teatranti – attrici, registe, autrici – chi è capace di sfidarlo per aprire a una nuova libertà. Il Femminile dischiude una porta, oltre ogni possibile apparenza e oltre ogni gioco di rappresentazione, sui misteri dell'essere umano, in ogni epoca.
Da sempre il Potere, qualunque Potere, ha paura di una sola cosa. Di essere smascherato per ciò che realmente è: Nulla. L’unico Potere reale è quello di creare. Creare vita, creare possibilità, creare Mondi. E questo potere appartiene, da sempre, alla Donna. E all’Arte. Tra le Arti, il Teatro in particolare ha da sempre condiviso, con il Femminile, un medesimo destino: un destino fatto di luci e ombre, timori e adorazione, idealizzazioni e roghi.
Nel medio evo, e poi ancora nel Rinascimento, donne (ma anche uomini, considerati detentori di un potere femminile, la “Magia”), venivano arsi vivi perché accusati di stregoneria. Sempre in quei secoli gli Attori venivano sepolti fuori dalle mura cittadine perché ritenuti “estranei” al corpo sociale, mentre “Attrice” era considerato spesso sinonimo di prostituta.
E il dio greco che è all’origine stessa del Teatro, Dioniso, non aveva dimora nel sacro recinto cittadino. Il dio della Maschera (al quale erano associate caratteristiche e tratti, sia maschili sia femminili), abitava i boschi e le cime dei monti e le sue sacerdotesse, le Menadi, invasate dal sacro potere del dio, erano ritenute doppiamente pericolose: perché donne e perché possedute da una forza troppo potente per essere governata, contenuta, indirizzata.
Come la Donna, anche il Teatro è stato nel corso dei secoli sacralizzato e poi demonizzato, idealizzato e temuto, usato e perseguitato. Con il risultato che, come la Donna, il Teatro si è adattato, assumendo di volta in volta la Maschera della Sacralità e quella della blasfemia, identità profetiche e opportunismi da cortigiana, divenendo luogo del desiderio e luogo di consumo, specchio del Mondo e specchio di vanità.
Ma cosa accomuna realmente, se pure esiste questo qualcosa, il Femminile e il Teatro? Qual è il filo che unisce Dioniso e le Menadi da una parte, le streghe e gli Attori dall’altra? È di questi ultimi anni l’ipotesi, avanzata dalle scienze astrofisiche, che esistano nell’Universo forze sconosciute, che sono state chiamate Materia Oscura ed Energia Oscura, che costituirebbero messe assieme più del 90% di ciò che esiste.
Come fa dire Shakespeare a uno dei suoi personaggi, “esistono più cose in cielo e in terra di quante ne possa supporre la tua filosofia”. Mistero. Ecco di che cosa si tratta. Per quanto in avanti possa spingersi il nostro sguardo, e in alto, e in profondità, e nell’infinitamente grande e nell’infinitamente piccolo, si tratta sempre e soltanto di gettare una piccola luce su qualcosa che si spinge ancora oltre, qualcosa di ancora più grande, più in alto, nascosto ancora più in profondità.
Esiste qualcosa che noi non conosciamo e che forse (orrore?) non potremo conoscere mai. Qualcosa che nessuna Legge, nessun Dogma, nessuna Verità, nessun Potere potrà mai racchiudere, circoscrivere, definire, limitare: in una parola, possedere. Questo qualcosa è Possibilità, Divenire, Eros, Destino, Libertà. Questo qualcosa è ciò che nessun Potere potrà mai accettare, a qualunque costo. Questo è il grande segreto del quale da sempre la Donna, il Femminile, è portatrice, e questa è al contempo la grande forza dell’Arte, di tutte le Arti e quindi anche del Teatro. E del Teatro in particolare, come dicevo, perché il Teatro è Corpo, Corpo vivo dell’Attore, possibilità viva e sempre mutevole. Come la Donna.
I troppi casi di femminicidio (intendendo con questa parola non solo l’uccisione di donne da parte di uomini, ma ogni sopruso perpetrato ai danni del femminile e della femminilità, dell’”Anima” per usare un termina junghiano) che riempiono le pagine dei nostri giornali, testimoniano come ancora e sempre la Donna sia sentita come una minaccia a ogni tipo di possesso e di potere. Una minaccia che non può essere tollerata. Oggi come ieri, come sempre. Che deve essere messa a tacere.
Il Mistero sul quale il Femminile dischiude una Porta, che nel passato era il Mistero della nascita, della creazione della Vita, oggi continua a essere il Mistero di ciò che realmente siamo, di ciò che ognuno di noi è oltre ogni possibile apparenza, oltre ogni gioco di rappresentazione, al di sotto di ogni maschera pirandelliana; è lo stesso Mistero che il Teatro percorre, non per svelarlo, ma per rivelarlo. Per mostrarlo davanti agli occhi di quanti possono e vogliono ancora vedere.
Molte sono le figure femminili che hanno percorso e alimentato la storia del Teatro incarnando, in modo assolutamente esemplare, questa Porta sul Mistero e questa sfida a ogni Potere. Personaggi (immaginari?) come Medea, Fedra, Ecuba, Elettra, Antigone, Giulietta, Lady Macbeth, Madame Bovary, Madre Courage e tante altre (penso ad esempio ai personaggi femminili di Ibsen o di Strindberg), tutte capaci di sfidare questo Potere, comunque e da chiunque impersonato, per il bene o per il male, pagando di persona e sino in fondo le conseguenze. Personaggi (reali) come Giovanna d’Arco, Anna Frank, Edith Stein, bruciate (letteralmente o metaforicamente) dal Potere eppure capaci di attraversare la storia con la sola forza della propria voce. E Attrici, tante, grandissime, capaci di mandare in delirio intere platee (basta pensare a Eleonora Duse, tra tutte). Delirio, malia, fascinazione dionisiaca, ebbrezza e vertigine di una Porta che si apre. Sopra un Mistero, sempre, per donare non la conoscenza, ma una Rivelazione.
Questa possibile Rivelazione, personale, imprevedibile, può darsi ma anche negarsi (donna), può essere sperimentata ma non detta; è pericolosa perché in grado di sovvertire ogni quiete e ogni ordine imposto (sociale, culturale, religioso, economico), è in grado di farci vedere ciò che altri non vorrebbero fosse visto, di farci sentire – con tutti i sensi – qualcosa che può trasformare il nostro stesso modo di percepire e di sentire. Di fronte a una simile minaccia molte sono state e continuano ad essere le strategie adottate, molte le barriere erette, molte le possibili pene inflitte.
Tra tutte, la più subdola (e forse la più efficace): trasformare il Soggetto (la Donna, il Teatro) in Oggetto. Oggetto di svago, di piacere effimero, di moda, di tendenza, di discussione, di ostentazione, di prestigio, di guadagno, di potere. Nel Rinascimento erano i Signori a offrire spettacoli tanto più grandiosi quanto più necessari a ottenere e mantenere consensi e prestigio, così come oggi troppi spettacoli (teatrali e non solo) diventano un mezzo per proporre e imporre modelli di pensiero e stili di vita.
Ma per quante lusinghe, pressioni, minacce o condanne possano essere esercitate, qualcuno resiste, sempre, e continua a fare sentire la propria voce, malgrado tutto. Un Personaggio femminile magari, dalle pagine di una antica Tragedia, o un Attore forse sconosciuto, dalle tavole di un qualche teatro o dal selciato di una qualunque Piazza. Qualcuno ci sarà sempre, o almeno questa è la mia speranza, che saprà con la fatica del proprio mestiere o con un semplice sguardo aprire i nostri occhi ad una inattesa Rivelazione. Perché è così che la vita accade ed è così che nascono i Mondi. Grazie a una Donna, o a un Attore.
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